Prezzo e stock da confermare
Ed. Ente Nazionale Biblioteche Popolari e Scolastiche, 1961. Dimensione: 19 x 13 cm. Include 40 fogli a colori e in bianco e nero. Condizione: Usato, molto bene. 222 pagine

L’intera Europa fu percorsa, nel secolo XVIII, da una profonda crisi di rinnovamento che invistì tutti i campi dell’attività umana: letteratura, filosofia, economia, diritto, politica. In nome e per mezzo della ragione l’uomo intese «illuminare» il mondo – che gli sembrò dominato fino allora dalle «tenebre» dell’ignoranza e della superstizione – e condannare quanto era comunemente accettato solo per ossequio alla tradizione e al principio d’autorità.

Il movimento illuministico dall’Inghilterra e dalla Francia si diffuse rapidamente anche in Italia dove, a Milano e a Napoli, sorsero centri di cultura e di irradiazione delle nuove idee. L’economia e il diritto, le discipline che avevano una più immediata attinenza con la vita sociale, attirarono maggiormente l’interesse degli illuministi. Il sistema di appalto dei tributi indiretti vigente nel Milanese, il vincoli sulle industrie e sulla libertá di commercio trovarono in Pietro Verri un critico implacabile, mentre la validità delle antiche leggi veniva esplicitamente negata da Cesare Beccaria (Dei delitti e delle pene, 1764) e dal Filangieri (Scienza della legislazione, 1783).

Il processo rinnovatore trovò, nelle mutate condizioni politiche della penisola, le condizioni favorevoli per il suo sviluppo. Nella prima metà del secolo XVIII era terminata, dopo circa un secolo e mezzo, la dominazione spagnola sul Milanese e sul Mezzogiorno (trattati di Utrecht e Rastadt, 1713-1714): si era costituito con Carlo III di Borbone un nuovo Stato indipendente a Napoli (1734); la Lombardia era stata data all’Austria; in Toscana, dopo l’estinzione dei Medici, si era insediata la nuova dinastia dei Lorena (1738); a Parma si era iniziato un nuovo ramo di Borboni con Filippo, fratello di Carlo III; i Savoia, ottenuto il titolo regio e, successivamente, la Sardegna, avevano raggiunto il Ticino, confine naturale con la Lombardia (1748).

A questi burrascosi mutamenti della prima metà del secolo, seguirono per l’Italia, dalla pace di Aquisgrana (1748) allo scoppio della rivoluzione francese (1789), quarant’anni di pace ininterrotta consentiti dall’alleanza tra Francia e Austria, tradizionalmente in lotta per il possesso della pianura padana, ed ora unite per fronteggiare il comune nemico rappresentato dalla Prussia di Federico II.

Questo lungo periodo di pace è detto comunemente «età delle riforme», perché caratterizzato da una serie di tentativi miranti a rinnovare le strutture giuridiche ed economiche dei principali Stati italiani, soprattutto degli Stati «nuovi»: la Lombradia di Maria Teresa e di Giuseppe II, il regno di Carlo III, il granducato di Toscana, il ducato di Parma.

Quale rapportosi può stabilire tra il movimento riformatore settecentesco e il movimento nazionale del secolo succesivo? Non v’è un netto contrasto fra il dispotismo illuminato caldeggiato da quei riformatori e il liberalismo ottocentesco, tra il cosmopolitismo e il principio di nazionalità?

In realtà quel dispotismo era soltanto strumentale: come spiegava il Filangieri, il potere concentrato nelle mani del sovrano era uno stadio di transizione per abbattere il feudalesimo. Poi sarebbe cessato il «governo degli uomini» e avrebbe avuto inizio il «governo delle leggi» (Verri).

Il cosmopolitismo, in oltre, era alimentato in Italia dal desiderio di riunirsi all’Europa, di entrare a far parte di quella «repubblica delle lettere» che costituiva una comune patria spirituale per l’intellettuale del secolo XVIII. Esso fu l’antecedente storico necessario dello stesso principio di nacionalità che poté svilupparsi solo dopo che quella salutare ventata ebbe sprovincializzato l’Italia.

Di coscienza nazionale si può parlare, in questo periodo, soltanto su di un piano culturale, di una cultura, peò, che non è più letteraria o accademica, ma impegnata, cioè intimamente legata alle esigenze del proprio paese.

I passi che seguono mostrano il sorgere di un sentimento nazionale per la prima volta formulato con chiarezza (Carli), l’esigenza di porre un limite all’assolutismo sovrano (Gorani) cui largamente attingerà il liberalismo posteriore, il severo giudizio sulla legislazione del tempo (Beccaria) e l’analisi del più «politico» fra i nostri illuministi (Verri) delle condizioni del Milanese sul finire del secolo.

INDICE
I- L’ETÀ DELLE RIFORME
Cesare Beccaria: Dei delitti e delle pene
Gian Rinaldo Carli: Della patria degli Italiani
Giuseppe Gorani: Della libertà di parlare e di scrivere riguardo al governo
Pietro Verri: Pensieri sullo stato politico del Milanese nel 1790
II- LA RIVOLUZIONE FRANCESE E L’ITALIA
Nicola Spedalieri: Il Cristianesimo è nemico nato del despotismo
Melchiorre Gioia: Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia
Vincenzio Russo: Origini e forza delle parole Libertà Eguaglianza
Vincenzo Cuoco: La repubblica partenopea: le idee dei patrioti, le idee della nazione
III- LA RESTAURAZIONE
Ugo Foscolo: Discorso proemiale
Gian Domenico Romagnosi: Della garantia del principato a fronte del popolo armato e di delegati moderatori / La Vendita carbonara degli it.(aliani) rif.(ugia)ti al Tam.(igi)
IV- MAZZINI
Giuseppe Mazzini: Istruzione generale per gli affratellati nella «Giovine Italia»
Giuseppe Mazzini: La tempesta del dubbio
V- IL NEOGUELFISMO
Vincenzo Gioberti: Dell’unione italiana
Vincenzo Gioberti: L’utopia del «Primato»
Luigi Carlo Farini: Pio IX
VI- IL LIBERALISMO MODERATO
Cesare Balbo: La speranze d’Italia
Giacomo Durando: I popoli, i principi e le leghe italiane
Massimo D’Azeglio: L’opinione nazionale italiana
Camillo Cavour: Differenza tra il Risorgimento italiano e le rivoluzioni inglese, francese e spagnuola
Camillo Cavour: Condizioni dell’elettorato politico
VII- LIBERALISMO RADICALE E DEMOCRAZIA SOCIALE
Carlo Cattaneo: La rivoluzione milanese del ’48
Giuseppe Ferrari: Colpe ed errori dei moderati nel ’48
Carlo Pisacane: Il diritto di proprietà
VIII- GLI ESULI
Pasquale Stanislao Mancini: Della nazionalità come fondamento del diritto delle genti
Francesco De Sanctis: La protesta antimurattista
IX- L’UNITÀ E LA NUOVA ITALIA
Giuseppe Mazzini: Il 1859
Carlo Cattaneo: Collaborare con la monarchia?
Giuseppe Mazzini: Doppo Villafranca
Giuseppe Cesare Abba: La spedizione di Garibaldi
Carlo Cattaneo: «Annessione, non assorbimento»
Camillo Cavour: Roma capitale
Francesco De Sanctis: L’eredità del conte di Cavour
Vincenzo Padula: Il massaro
Ugo Pesci: Gli italiani a Roma
APPENDICE
1- Statuto del Regno di Sardegna
2- Costituzione della Repubblica italiana